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La CITTA’ PROVVISORIA – SPAZIO MURAT BARI

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La città provvisoria

5 luglio > 5 agosto 2018

a cura di Melissa Destino

BARI – Spazio Murat, Piazza del Ferrarese 

Opening 5 luglio 2018 – ore 18:00

spaziomurat


La città provvisoria, una mostra collettiva ideata da Melissa Destino, curatrice barese ora di stanza a Vienna.La mostra vuole aprire una riflessione sulla città e su come questo termine individui una nozione che, nel contesto contemporaneo, si rivela essere indeterminata, data l’effettiva difficoltà di definirne i confini.
Grazie al lavoro degli artisti in mostra Ann AgeeStefano FaoroJudith FergerlRoxane HuilmandBirgit JürgenssenAglaia KonradInga MeldereMaruša Sagadin Spazio Murat si confronta con la città che muta, con la città provvisoria, appunto, mostrando come la provvisorietà non rappresenti solo ed esclusivamente un concetto negativo: ciò che è provvisorio e non univocamente definito è anche ciò che è potenzialmente ancora modificabile, trasformabile, sperimentabile, ovvero „in potenza“.Organizzata e prodotta da Spazio Murat, la mostra è realizzata con il sostegno di due sponsor: Moving Center (nell’ambito del progetto Porte aperte alla cultura) e Bundeskanzleramt Österreich (cancelleria federale austriaca, dipartimento di arte e cultura).L’inaugurazione è fissata per il 5 luglio alle ore 18, ingresso libero.

La città provvisoria

“Il senso è un’entità inesistente, che ha rapporti molto particolari anche con il non senso” (Gilles Deleuze, La Logica del Senso, Milano – Feltrinelli, 1975)Il titolo della mostra si compone di due parole dal significato ambiguo. Il termine “città” individua una nozione che, nel contesto contemporaneo, si rivela essere indeterminata: viene ancora utilizzato nel discorso pubblico per la sua capacità evocativa, ma data l’effettiva difficoltà di definire i confini della città (si pensi, ad esempio, alle periferie in espansione e alle relazioni tra spazi urbani e non-urbani), nell’urbanistica contemporanea vengono predilette altre definizioni – come quelle di “conurbazione”, “agglomerato urbano”, “territori urbani”, “città paesaggio”.

Già nel 1973 Félix Guattari postula che la città esiste solamente in quanto fantasma collettivo e che può essere pensata non come entità definita, ma al contrario solo come un campo di forze diverse. Più tardi, ritornando sul tema, Guattari e Gilles Deleuze, sostengono che non esiste qualcosa come la città, ma piuttosto un insieme di “équipments” urbani, di infrastrutture in cui l’urbanizzazione e la soggettività si intrecciano.
Dunque, in quanto tale, la città è per definizione “provvisoria”. Vengono qui sottese due valenze, in rapporto tra loro dialettico: da una parte l’essere “in potenza” – in divenire, sempre trasformabile, sperimentabile dall’altra l’essere temporaneo, precario.
Nella città che muta si cela un’enorme potenzialità: si possono definire nuove forme di vita, di azione individuale e collettiva.
L’essere soggetto è in sé un rapporto di potere tra l’agire (attraverso l’elaborazione e la produzione di sé) e il subire (inevitabili e continue procedure di oggettivazione, di semplificazione della complessità).

Seppur non si possa uscire dalle dinamiche di potere e di oggettivazione, è possibile lavorare a un tipo di soggettivazione che crei al loro interno uno sbilanciamento; che permetta la “costituzione del sé” in uno spazio comune.

“La città provvisoria” prende in considerazione e indaga questa relazione tra spazio e soggettivazione, esplorando il paesaggio urbano e mettendo a sistema i suoi molteplici strati, sovrapposti e comunicanti.

L’interdipendenza tra spazi e corpi, tra cui emerge la politica, viene qui richiamata in modo simile al meccanismo che ha portato il termine tedesco “Frauenzimmer” a cambiare significato: se nel XV secolo la parola rimandava allo spazio di una stanza fisica, nel XVII secolo il suo ambito semantico si sposta e inizia a definire invece il soggetto – nello specifico la donna – che abita quello spazio.

Proprio questo passaggio linguistico diventa cruciale non solo nel suggerire la mutua relazione tra luogo e individuo, ma anche le modalità di vicendevole affezione, di reciproco cambiamento.

La mostra

La mostra, che riunisce in un unico luogo “spazi” e dimensioni diversi – in alcuni casi apparentemente incompatibili – può essere letta utilizzando la nozione foucaultiana di eterotopìa uno strumento che mina alla base il linguaggio e spezza ripetutamente definizioni e luoghi comuni.
Come nelle eterotopìe, la città provvisoria raccoglie più tipologie di luoghi che non sottostanno per vari versi alle forze normalizzanti: sia gli interni delle case che le metropoli viste dall’alto sfuggono costantemente alle categorie.

É proprio quindi a partire dagli interstizi tra quest’ultime, che l’esposizione prende forma attraverso insiemi di frammenti, variazioni di scala e spazialità.

La città provvisoria ospita il lavoro di otto artisti, che su diversi livelli si confrontano con la politica del paesaggio urbano e con le strutture che lo attraversano,  e le cui opere riunite rappresentano una rete di relazioni asimmetriche: sociali, spaziali e affettive.

Traiettorie trasversali che sistematizzano diverse necessità del guardare: da lontano (per una visione d’insieme) e da vicino (per esplorare i dettagli), con attenzione e distrazione.

“La politica non viene definita come in atto esclusivamente nella sfera pubblica distinta da quella privata, ma attraversa questa linea ancora e ancora, richiamando l’attenzione sul modo in cui la politica è già in casa, o per strada, o nel vicinato, o in effetti in quegli spazi virtuali che sono ugualmente slegati dall’architettura della casa e della piazza. Quindi, quando pensiamo a cosa significa riunirsi in una folla, a una folla in crescita, e cosa significa muoversi nello spazio pubblico in un modo che contesti la distinzione tra pubblico e privato, vediamo alcuni modi in cui i corpi nella loro pluralità rivendicano il pubblico, trovano e producono il pubblico attraverso l’appropriamento e la riconfigurazione della materia degli ambienti materiali; allo stesso tempo, quegli ambienti materiali sono parte dell’azione, e loro stessi agiscono quando diventano il supporto per l’azione.” ( Judith Butler, “Bodies in Alliance and the Politics of the Street.” Intervento tenuto a Venezia il 7 Settembre 2011, parte della serie di conferenze The State of Things).

– Dal Martedì al Sabato 11:00 – 20:00
– Domenica 11:00 – 13:00 / 16:00 – 20:00
– Lunedì Chiuso

 

L’ingresso alla mostra è gratuito
Per info e contatti:
Tel. 080 2055856
comunicazione@spaziomurat.it
info@spaziomurat.it

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