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DISABILITA’ A PROVA DI CITTA’

Ogni persona, in qualunque momento della sua vita può trovarsi in condizioni di salute che, in un ambiente sfavorevole, divengono disabilità.

Se guardate un persona su una sedia a rotelle a cosa pensate?

Salute significa solo assenza di malattia?

Se vi trovate in una stazione con delle valige e dovete spostarvi da un binario all’altro attraverso il sottopassaggio e trovate davanti a voi solo scale, pensate che le barriere architettoniche siano un problema solo per le persone disabili?

La barriera architettonica è un elemento costruttivo che impedisce, limita o rende difficoltosi gli spostamenti o la fruizione di servizi.

Ne sono esempi classici: scalini, porte strette, pendenze eccessive, spazi ridotti, ma anche ostacoli meno evidenti, come parapetti “pieni”, che impediscono la visibilità a una persona in carrozzina o di bassa statura; banconi da bar troppo alti, sentieri di ghiaia o a fondo dissestato.

Nel caso di persone non vedenti, possono rappresentare casi di barriera architettonica anche semafori privi di segnalatore acustico od oggetti sporgenti.

Nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha presentato l’ICF (International Classification of Functioning Disabilities and Health).

Ben 191 Paesi riconoscono l’ICF come la nuova norma per salute e disabilità e in Italia la sua diffusione è portata avanti dal DIN (Disability Italian Network).

Attraverso questa classificazione si vuole fornire un’approfondita analisi dello stato di salute degli individui, mettendo in correlazione salute ed ambiente, e arrivare alla definizione di disabilità intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole.

L’ICF mette tutte le malattie e le patologie sullo stesso piano (senza distinguerle in rapporto a ciò che le ha causate) e analizza il contesto sociale, familiare, abitativo o lavorativo del soggetto, ovvero tutti quegli elementi che possono influire sulla qualità della vita della persona.

Negli ultimi 20 anni si è andato sempre più affermando il concetto di salute come attenzione al “benessere” e alla “qualità della vita” dell’individuo e l’ICF ne rappresenta il punto di arrivo.

La salute non è solo l’assenza di malattia ma uno stato dell’intera persona e la promozione della salute è un bene fondamentale per lo sviluppo del Paese.

“Ogni persona, in qualunque momento della sua vita può trovarsi in condizioni di salute che, in un ambiente sfavorevole, divengono disabilità”.

Accettare questa nuova prospettiva significa considerare la disabilità non come il problema del singolo individuo e della sua famiglia, ma come un problema collettivo, dove l’impegno delle politiche sociali, economiche e sanitarie sia finalizzato a garantire un livello di salute dignitoso e a limitare, se non eliminare, tutte le barriere contestuali.

L’inclusione dei fattori ambientali nell’ICF apre la possibilità di definire meglio quali possano o debbano essere gli interventi nelle sfere sociali e ambientali che potrebbero portare a una migliore partecipazione delle persone con disabilità.

Una persona disabile ha delle potenzialità e bisogna metterla in condizione di farle fruttare al meglio e no limitarsi sempre a vedere ciò che non può fare.

Per esempio, una persona su una sedia a rotelle è sicuramente disabile ma potrebbe potenzialmente non essere handicappata se venissero eliminate tutte o almeno in gran parte le barriere architettoniche, in modo da facilitare l’accesso a ogni settore della vita sociale.

21 Gennaio 2017   –    Riproduzione riservata

 

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